Presentazione del catalogo della mostra RubraRebour a cura di Silvia Grandi
In occasione della Quattordicesima Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI, sabato 13 ottobre 2018, alle ore 18:30, presso la Galleria Stefano Forni di Bologna – Piazza Cavour, 2 – verrà presentato il catalogo della mostra RubraRebour di Giorgio Bevignani.
Il catalogo, pubblicato da NFC Edizioni, oltre alle fotografie della suggestiva esposizione, presenterà i testi della curatrice Silvia Grandi, la quale ha voluto tracciare un percorso artistico presentando alcuni dei lavori più significativi della produzione di Giorgio Bevignani; come racconta la stessa curatrice “ […] a cominciare dalla scatoletta scovata nello studio dell’artista e contenente una serie di decine di studi ad acquarello sulla trasparenza e la profondità del colore, realizzati nei primissimi anni Novanta e finalizzati alla realizzazione di grandi tele ricoperte di cere e pigmenti con la tecnica dell’encausto.”
La curatrice analizza a fondo il lavoro di Bevignani, che ha portato alla nascita della mostra: “negli ultimi mesi ho visto nascere e crescere progressivamente questa mostra […] i recenti lavori della serie Silenzio Nudo, ispirata a un verso del poeta Giacomo Leopardi, e consistente in una straordinaria collezione di pannelli dove le variazioni cromatiche del rosso e del viola intendono recuperare, andando “a ritroso” – à rebour, appunto – le primigenie istanze e manifestazioni della natura, proponendosi come una sorta di linguaggio umano che viene prima dei segni e della scrittura. Questi dipinti nascono dall’esplorazione dell’uso del silicone che, mischiato al colore su una base di più strati cromatici, dona profondità alle superfici senza l’utilizzo del chiaro scuro della pittura ma sfruttando la tecnica della sovrapposizione propria della scultura, dando così vita a una patina semitrasparente come un tessuto organico, che al tatto ricorda la morbidezza e l’elasticità della pelle. […] RubraRebour, l’altra imponente installazione che dà il titolo alla mostra e chiude il percorso espositivo: una specie di pelle artificiale traslucida e vagamente post Anti-Form, come una superficie scultorea privata dell’anima e della plasticità che la dovrebbero sostenere, dall’aspetto gelatinoso e pieno di trasparenze, appoggiata a terra a creare increspature e volute simil organiche, che ricorda una placenta, l’inizio di una possibile vita e che nelle sue varie gradazioni di rosso sembra condurci verso un percorso “a ritroso” al tempo della creazione, degli elementi primordiali e organici, ma al tempo stesso ci invoglia a calpestarla, toccarla, stropicciarla, morderla come un’improbabile gigantesca chewing-gum”.
La mostra, che si propone come un viaggio tra luce e colore attraverso frasi del poeta Giacomo Leopardi propone opere, che come afferma Silvia Grandi nel suo testo “sono lavori raffinati, mentali, in cui non basta lasciarsi catturare e ingannare dalla facile simbologia del colore rosso, come emblema della vita, del sangue, della passione o anche di eventi dolorosi o drammatici. Sono lavori che sintetizzano la ricerca di Bevignani portata avanti coniugando sperimentazione sul materiale e sul colore nelle sue infinite gradazioni interne abilmente riverberate all’esterno”. Così come afferma lo stesso Bevignani nel testo di Silvia Grandi “Le frasi di Leopardi mi indirizzano verso una gestualità ipnotica, quasi onirica; la spatola scivola sulle superfici aggiungendo materia e colore stato su strato, fino a lasciare un lieve bagliore in lontananza nel pieno fuoco dell’immagine, simile a quel che rimane non appena si chiudono gli occhi dopo aver puntato lo sguardo verso il sole. È come una bruciatura sulla retina, ma questa bruciatura è lieve, si può ancora guardare l’immagine, ed essa penetra lentamente, basta darle tempo; la sua forza è lenta ed ha bisogno dell’attesa”.
Inoltre, all’interno del catalogo sarà presente anche il testo di Giuseppe Virelli sull’istallazione site-specific Soul of the dawn. L’opera affronta il femminicidio, uno dei temi più ricorrenti nella cronaca contemporanea e un fenomeno violento sistematicamente esercitato nel tempo sulle donne.
Questo legame temporale crea, come afferma Giuseppe Virelli che si ispira al pensiero dietro l’opera raccontato dallo stesso Bevignani “un cortocircuito tra passato e presente che l’artista reifica nel segno di una denuncia nei confronti di questa tragedia umana, una delle più ignominiose che si possano concepire perché “sacrificare una donna è uccidere la prima luce del mattino, come voler tornare nelle tenebre, nell’utero” (G.B.). A questa barbarica oscurità, l’artista oppone uno sbarramento, una grande rete che, similmente a Mater Matuta (ennesima divinità del mattino), ci avvolge e ci protegge coi suoi timidi raggi dalle tenebre del Caos primordiale”.